Il “ritiro” sociale imposto dall’attuale pandemia ha aumentato i rischi di violenza sulle donne. Violenze, in prevalenza psicologiche, registrate tra le mura domestiche, dove la donna ha scoperto quanto sia difficile convivere con il “nemico”.

Non sono poche le madri, le mogli, le compagne che, nel periodo compreso tra marzo e giugno dell’anno che volge al termine (come rilevano i dati Istat) hanno avuto il coraggio di dire basta a quel sottile legame che, forse, reggeva solo per la presenza di bambini e anziani.

In molte famiglie l’amore coniugale è finito da tempo e il vivere rassegnati è diventato un inferno che si ripercuote sull’intero nucleo. Il bisogno di amare e di essere amati si è talmente liquefatto al punto che, di giorno in giorno, aumentava il rischio che la violenza psico-fisica potesse diventare la causa di femminicidi e di stragi familiari.

Tutto questo fino a quando la donna non trova il coraggio di ribellarsi tranciando di netto quel legame che le impedisce di vivere libera da qualsiasi condizionamento.

L’attuale società, sempre più litigiosa e rissosa, continua a cancellare i valori della solidarietà e dell’accoglienza. Questa mancanza genera nuove povertà, diseguaglianze, persecuzioni che incidono sulla condizione delle fasce più deboli: bambini, adolescenti e, soprattutto, donne.

La comunicazione globale, in tutte le ore del giorno e della notte, veicola nelle nostre case fatti di violenza inaudita che provocano assuefazione senza lasciare traccia nella nostra coscienza. Penso alla giovane immigrata che fuggendo dalla Libia ha visto inghiottire nelle acque del canale di Sicilia i suoi due figlioletti nel tentativo di lasciarsi alle spalle miseria e persecuzione.

La violenza sulle donne di qualsiasi età non ha confini: tra le mura domestiche come sul posto di lavoro, in politica come nella società e in tantissime altre esperienze di vita. Episodi che provocano solo un’indignazione momentanea: scene che vengono “resettate” dal rincorrersi di altre negatività prodotte, direttamente o collateralmente, dalla globalizzazione. Cioè dalla più prolifera e meno controllata “linea di rifiuti e di esseri umani di scarto”.

Un nostro nuovo protagonismo è fondamentale e improcrastinabile. Come Coordinamento Regionale Donne CISL, siamo impegnate su più fronti con un’azione che, oltre alla parità di genere, comprende anche il diritto delle fasce più deboli della nostra società: gli immigrati, i giovani, i disoccupati, i bambini, gli adolescenti, i pensionati. Abbiamo dichiarato guerra alle differenze di genere e siamo determinate a proseguire nell’azione di frantumazione degli arcaici paradigmi che ancora oggi, nella postmodernità, considerano la donna subalterna all’altro sesso.

Il mese di novembre, nel corso del quale si rinnova l’appuntamento con la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, registra dei segnali positivi sulla parità di genere. Nella nostra regione, terra che non manca di confermarsi protagonista dello sfascio del sistema sanitario pubblico e di nuovi sospetti sull’intreccio ‘ndrangheta-politica, alla donna, con la legge sulla doppia preferenza, finalmente è stato riconosciuto il diritto alla parità di genere per la rappresentanza in Consiglio Regionale.

Un diritto che l’universo femminile si è conquistato combattendo contro una società maschilista che ancora oggi è arroccata a difesa di antichi privilegi di genere. Su questo fronte, finalmente, è stato riconosciuto un sacrosanto diritto che in altre realtà geografiche era presente da tempo.

E anche su questo fronte le donne della Cisl sono state protagoniste. E qui è doveroso ricordare la principale protagonista del tratto finale dell’iter del provvedimento di legge regionale citato, l’On. Jole Santelli, prima donna governatrice della nostra regione, che ha speso fino agli ultimi istanti di vita per la Calabria.

La strada della parità di genere è ancora disseminata di ostacoli. Il protagonismo femminile, da noi come nel resto d’Italia, riguarda anche la lotta al Covid-19, soprattutto negli ospedali, ma anche nel mondo dell’associazionismo e sul posto di lavoro pubblico e privato.

E mentre nel modo si aggira lo spettro populista-nazionalista e negazionista, si è aperta un’altra breccia di speranza. Nella più grande democrazia del pianeta, gli Stati Uniti d’America, sono stati scacciati i falchi la cui politica faceva presagire il pericolo di una rivolta sociale interna e lo stravolgimento degli assetti mondiali. Il merito è anche della Vicepresidente Kamala Harris. La stessa speranza riguarda il vecchio continente per la presenza di Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione UE. La strada è ancora lunga, ma il protagonismo della donna

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