La fonetica forense svolge un ruolo fondamentale nelle attività di intelligence anche se, a livello nazionale, ancora non è riconosciuta come insegnamento”.

Luciano Romito, Direttore del Laboratorio di Fonetica dell’Università della Calabria, ha avviato così la sua lezione in video conferenza al Master in Intelligence dell’Ateneo calabrese, diretto da Mario Caligiuri.

Romito ha illustrato i compiti della linguistica e della fonetica forense, che in ambito europeo spaziano dall’analisi di un testo scritto all’analisi conversazionale e all’identificazione del parlante.

Romito, riportando affermazioni di studiosi come Robertson e Vignaux, ha ricordato che la voce non è sicuramente una prova ‘ideale’ come il DNA, ma può essere considerata una ‘buona’ prova, al pari di tantissime altre.

Secondo il docente, “la linguistica e la fonetica forense, e le attività ad esse collegate, non sono regolamentate in Italia, a differenza di altri Stati Europei. La conseguenza è che più del 90% delle perizie del genere che si dibattono nei tribunali nazionale non hanno alcun fondamento scientifico. Ciò è dovuto anche alla selezione dei periti italiani che si basa sull’ articolo 221 del codice di procedura penale che prevede che sia il Giudice a scegliere il perito tra le persone iscritte all’albo professionale o dotate di particolare competenza nella specifica disciplina. In Italia purtroppo non esiste un albo dei periti fonici e anche la disciplina della Linguistica Forense la si esercita solo nei laboratori di ricerca ma non viene insegnata in nessun corso di laurea”.

Per quanto riguarda le intercettazioni, Romito ha detto che “il passaggio dall’analogico al digitale piuttosto che migliorare le procedure in generale ha peggiorato la situazione per la poca conoscenza da parte degli operatori e dei legislatori. Così prima le intercettazioni venivano direttamente raccolte su un supporto all’interno degli uffici della procura mentre oggi con il digitale le intercettazioni vengono affidate in appalto a ditte private che registrano non direttamente sul reperto ma su server dislocati in diverse parti di Italia. Il reperto quindi oggi diventa una copia e non più l’originale, con tutti i problemi connessi”.

Entrando nel merito, il docente ha poi analizzato la voce come indice biometrico, applicando le procedure e le metodiche dell’analisi del suono e quindi della fonetica sperimentale. “Attraverso queste analisi – secondo Romito – è possibile identificare i tipi di voce, il peso l’età del parlante ed altro. In particolare, ha sottolineato che “la voce è a tutti gli effetti uno strumento musicale e ognuno di noi possiede caratteristiche proprie essendo la combinazione di tre effetti che avvengono in precise casse di risonanza: lo spazio tra la glottide e la lingua, tra la lingua e i denti e tra i denti e le labbra ovvero la vibrazione delle corde vocali nella glottide. In questo modo si rende possibile identificare le vocali pronunciate”. “L’identificazione della voce – ha proseguito – prevede fasi ben distinte che richiedono qualità e precisione per ottenere un’attendibilità elevata con una bassa probabilità di errore”. Il docente ha poi affermato che “l’analisi del parlato mostra quanto spesso non sia sufficiente solo l’ascolto, ma è fondamentale il contributo dell’acustica: infatti, non è opportuno che le perizie contengano interpretazioni personali”.

Romito ha anche approfondito la differenza tra similitudine e identificazione, precisando che le caratteristiche devono essere misurabili e comparabili, chiarendo che le perizie utilizzate in Italia si basano sulla similitudine e non sull’identificazione. Infatti, due voci possono essere simili anche con una percentuale molto alta ma appartenere a due differenti persone, per esempio fratelli o gemelli omozigoti. Nel caso delle perizie invece si dovrebbe cercare l’identificazione e non la similitudine. Questo lo si può fare identificando alcuni parametri caratteristici della voce e ricercando poi la verosimiglianza attraverso analisi statistiche decisionali.

Inoltre, per il docente il compito della fonetica forense è quello di concentrarsi sulle informazioni rilevanti, che poi è la tecnica dell’intelligence, ovvero estrarre il segnale dal rumore, prelevando le informazioni significative.

Per quanto riguarda l’originalità del nastro, Romito ha ricordato che una sentenza della Cassazione indica che, per i file audio, la prova è costituita dalla bobina e non dalla relativa trascrizione. Oggi, però, non si registra su bobine e il supporto digitale viene individuato dalle diverse aziende incaricate che possono utilizzare standard differenti. Il docente ha sostenuto che “paradossalmente l’evoluzione tecnologica ha consentito di passare dall’analogico – dove le manomissioni erano evidenti – al digitale – dove le manomissioni sono difficilmente identificabili. Sarebbe allora opportuno utilizzare la firma digitale e i codici per avere certezza dell’originale e non affrontare il problema con superficialità”.

Romito ha concluso spiegando che le macchine e gli algoritmi nel prossimo futuro modificheranno anche questo settore strategico delle indagini penali e dell’intelligence.

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