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Storie (minime) di uomini, donne, luoghi e uve

Vini di Calabria. Storie (minime) di uomini, donne, luoghi e uve è il titolo del libro scritto da Rosario Branda. Direttore di Confindustria Cosenza e del Consorzio di qualità della ristorazione calabrese Assapori, Accademico della Cucina Italiana, l’autore si occupa da sempre di temi legati allo sviluppo territoriale, concorrendo a realizzare esperienze di “concertazione dal basso” e di aggregazioni interregionali.

Rosario Branda è curatore della rubrica settimanale “Dentro i calici” su Il Quotidiano della Calabria.

Edito da Rubbettino, il volume si svolge attraverso un racconto originale della Calabria fatto intorno al vino, ai vignaioli, all’evoluzione dell’enologia, al rapporto stretto tra produttori e territorio. Una storia frutto di tante storie che si intrecciano in maniera naturale nelle pagine che presentano ben 114 diversi vini di Calabria, dalle quali emergono, splendidi, i vitigni autoctoni meritevoli di ancora maggiori riconoscimenti. Un differente angolo visuale attraverso il quale imparare a conoscere ed apprezzare una regione che ha voglia di riscatto guardando in maniera orgogliosa e consapevole nel meglio della propria tradizione millenaria. Una visione d’assieme di un sistema meritevole di essere conosciuto per qualità, eccellenza della produzione, varietà e completezza di offerta.

Perché i vini di Calabria?

«Poche cose sanno identificarsi in un territorio come il vino. Cultura, tradizioni, costumi, storia diventano un tutt’uno e, sorso dopo sorso, si aprono al racconto per chi è pronto ad ascoltare e a meditare, magari socchiudendo gli occhi. Una narrazione sempre diversa, secondo la sensibilità di ognuno, i luoghi, i cibi in abbinamento, gli orari, le stagioni, il tempo. Di questo sono testimoni i vini di Calabria, insieme all’impegno faticoso del contadino, alla passione del viticultore, alla mano attenta dell’enologo e alle cure premurose in cantina fino al momento della maturazione».

Cosa c’è nel libro?

«Nel libro sono raccontate le storie di tante cantine di Calabria che meritano di essere incontrate e conosciute.Un vero e proprio viaggio all’interno delle tradizioni ed alla riscoperta delle identità. Quello che emerge è un sistema dinamico, positivo, aperto verso le innovazioni ma con le radici ben piantate nella cultura e nelle tradizioni che si sono tramandate nel tempo».

Come si presenta il panorama enologico regionale?

«Ne è passato di tempo da quando era Enotria, il luogo dove si trovavano le vigne predilette dagli antichi greci e dalle quali poteva essere tratto il nettare degli Dei! Oggi il settore si presenta come uno dei più interessanti in assoluto in termini di capacità di ricerca e di possibilità di sviluppo delle potenzialità dei vitigni autoctoni. Grazie alla riscoperta e valorizzazione di questi ultimi,l’enologia calabrese può ottenere grandi soddisfazioni ed il raggiungimento di traguardi internazionali altrimenti non immaginabili. Nel mercato globale vince chi riesce ad offrire qualcosa di diverso, meglio se è unico ed inimitabile. Dopo il Gravello di Librandi ed il Garrone di Odoardi, i primi ad avere raggiunto più volte i punteggi più alti nelle degustazioni specializzate a livello nazionale ed internazionale, nei tempi più recenti sono veramente tante le etichette e le cantine calabresi che ricevono premi e riconoscimenti importanti».

La rete è strategica anche in questo settore?

«Assolutamente sì, come ci insegna l’esperienza di EuVite. Nata nel 2008, è il primo modello nel Sud di associazione fra produttori di dimensioni differenti aventi in comune un deciso orientamento alla valorizzazione piena del proprio territorio, a partire dall’opera di recupero dei vitigni autoctoni.

Si potrebbe paragonare ad una prova di orchestra jazz, senza direttore né spartito ma con tanti protagonisti brillanti, virtuosi e talentuosi come il Magliocco, il Gaglioppo, il Greco (bianco

e nero), il Mantonico, il Nerello, il Pecorello e la Guarnaccia, per citarne alcuni. In un tempo caratterizzato da tanti aspiranti “numeri primi”, il mondo del vino calabrese propone una lezione interessantee significativa, i cui orizzonti spaziano ben oltre “la siepe” e “l’ermo colle” di leopardiana memoria. Le cantine Librandi di Cirò, Malaspina di Melito Porto Salvo, Poderi Marini di San Demetrio Corone, Serracavallo di Bisignano e Statti di Lamezia Terme, per “promuovere i frutti più pregiati della vitivinicoltura calabrese”, hanno deciso di condividere esperienze, tradizioni e diversità».

Iniziano ad arrivare i primi riconoscimenti?

«Sono quattro i vini calabresi che sono riusciti ad ottenere gli ambiti “tre bicchieri” nella guida 2014 del Gambero Rosso: il Duca San Felice di Librandi, il Grisara di Ceraudo, il Masino de iGreco, il Moscato di Saracena di Viola. Tutti ottenuti da vitigni autoctoni con uve vinificate in purezza. Nell’ordine, Gaglioppo, Pecorello, Calabrese, Moscatello di Saracena, Guarnaccia e Malvasia bianca. Onore al merito di queste cantine e di Nicodemo Librandi, Roberto Ceraudo, i fratelli Greco e Luigi Viola che hanno avuto la visione lungimirante di puntare sui “figli del territorio” per far conoscere tradizioni, cultura e profondità della produzione vinicola di Calabria. Un bell’esempio per tutti, uno stimolo a fare bene. Consapevoli,come diceva Edison, che “il successo per il 5% è dovuto all’inspiration, per il restante 95% alla transpiration».

Quante cose può regalare un bicchiere di vino?

«Le suggestioni del territorio, il profumo della terra di cui è frutto, il lavoro di tante mani in cantina ed in vigna, i colori delle stagioni e la maturità che riesce a testimoniare, i sogni di quanti hanno concorso a realizzarlo a disposizione di chi li sa sognare».

Presente in tutte le librerie d’Italia, il volume “Vini di Calabria. Storie (minime) di uomini, donne, luoghi e uve” di Rosario Branda, edito da Rubbettino, è stato illustrato al Salone del Libro di Torino l’8 maggio, poi al Museo Archeologico di Reggio Calabria ed in altri appuntamenti in Calabria e fuori regione.