Cia-Agricoltori Italiani della Calabria, in vista delle elezioni regionali che si terranno il 26 Gennaio 2020, intende sottoporre alle forze politiche e ai candidati un documento che esprima una visione complessiva della “Regione che vogliamo“, focalizzandoci maggiormente sui bisogni degli imprenditori agricoli e delle loro famiglie.

Cia-Agricoltori Italiani, anche attraverso il più vasto raggruppamento di Agrinsieme, si è sempre confrontata con l’amministrazione regionale per tutelare le imprese agricole e renderle competitive sui mercati interni ed internazionali e, seppur nel contesto estremamente difficile che caratterizza il settore primario, ha contribuito alla crescita dell’agricoltura della Calabria. Come Organizzazione abbiamo contribuito alla stesura del Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020, seppure talune nostre azioni non sono state pienamente condivise dall’amministrazione uscente.

Gli ultimi anni hanno evidenziato le difficoltà ad uscire dalla crisi che ha colpito pesantemente l’economia del nostro Paese che si è riversata anche sull’agricoltura nazionale anche se, quella calabrese, in controtendenza, ha visto crescere volumi e tenere stabili gli occupati.

Il comparto agricolo, però, a causa del perdurare di prezzi tra i più bassi degli ultimi vent’anni, ha avuto un crollo generale del valore aggiunto. A questo si è sommato, negativamente, un aumento rilevante dei costi produttivi, contributivi e burocratici. Tutto ciò ha determinato da un lato una caduta libera dei redditi degli agricoltori, e dall’altro un aumento dell’indebitamento delle imprese agricole e la messa in crisi di molte imprese e filiere produttive, il tutto mitigato dagli effetti della Politica Agricola Comune, le cui risorse da aggiuntive si sono trasformate in sostitutive.

Tuttavia, in questo contesto di crisi, come dicevamo, il settore agro-alimentare è stato capace nella nostra regione, nonostante una situazione generale sfavorevole, di assicurare occupazione e produzione in tutto il vasto e complesso sistema, incluso l’indotto.

Lo andiamo dicendo da tempo, il settore agroalimentare deve proseguire nel percorso di riorganizzazione intrapreso per guardare al futuro con maggiore solidità. Nell’agricoltura da reddito, competitiva e globale dei prossimi anni, non vi sarà posto per tutti i produttori che oggi vi operano. La concentrazione delle imprese, spinta dalla spasmodica concorrenzialità su vasta scala, porterà ad una ristrutturazione dell’offerta agro–alimentare e conseguentemente delle imprese produttive. In questo scenario la discussione su filiere corte o lunghe, o sui modelli produttivi volti al localismo spinto rispetto alla globalizzazione, diventa marginale in quanto il vero punto di riferimento deve e dovrà essere quello di un modello e di un sistema efficiente, capace di generare ed assicurare un reale reddito agli agricoltori e agli imprenditori. Un sistema stabile con un forte insediamento del complesso agroalimentare e del suo indotto e capace di dare piena soddisfazione sia alle produzioni realizzate sul nostro territorio sia ai consumatori.

In questo scenario di economia globale le elezioni regionali del 26 gennaio 2020 rappresentano, per Cia-Agricoltori Italiani, un’occasione di confronto con i candidati Presidenti sul futuro dell’agricoltura, finalizzata a definire una politica capace si sostenere l’adeguamento del sistema produttivo regionale, rispetto a quanto impongono le sfide che ha di fronte la nostra agricoltura, che da poco dimostra una sua dinamicità e una sua complessità.

Occorre riconoscere, una volta per tutte, all’agroalimentare ed al mondo rurale il peso e la dignità che è dovuta. Il settore agroalimentare regionale merita, per il valore economico realizzato e per l’immagine generata nel mondo con le nostre eccellenze alimentari, una primaria attenzione nel governo dell’economia, nelle politiche per la finanza, per l’innovazione e la ricerca, per il credito, per le infrastrutture e per la promozione internazionale.

L’agroalimentare richiede un’azione responsabile della Regione nel governo degli interventi a favore delle imprese e delle filiere agro-alimentari che tenda ad elevarne la competitività nel mercato globale in armonia con gli altri settori, salvaguardando le produzioni primarie realizzate sul territorio.

Innovazione e sussidiarietà che devono perseguire e realizzare effettive e reciproche responsabilità con semplificazioni degli adempimenti burocratici ed amministrativi che giorno dopo giorno pesano sempre più sulle imprese e sui loro strumenti organizzati; complessità e pesantezza che rappresentano un freno alla vita ed alla competitività delle aziende non più sopportabile.

La Regione deve contestualmente anche in questi nuovi scenari della politica mantenere vive le politiche di consultazione strutturata ed organica per legge che bene hanno funzionato in questi anni, rilanciandole partendo dall’incentivo all’aggregazione, dall’innovazione e da un maggiore riconoscimento del valore delle esperienze, anche di sussidiarietà, messe a disposizione e/o realizzate dalle rappresentanze dell’agricoltura organizzata. Esperienze che hanno consentito di dare ottima attuazione a molti provvedimenti europei senza aumentare la dimensione della pubblica amministrazione.

A ciò si devono integrare politiche di sviluppo economico e del welfare, con un adeguato sostegno anche all’agricoltura multifunzionale e/o innovativa e di diversificazione senza discriminare in nessun modo l’agricoltura tradizionale perno della nostra agricoltura (volta cioè alla produzione di derrate alimentari) laddove  esercitata nel rispetto delle leggi vigenti sostenendone, in particolare, i processi di innovazione soprattutto quando essi generano nuova occupazione o consolidano i livelli occupazionali esistenti. Le politiche di valorizzazione dell’agricoltura e del territorio, anche grazie ai nuovi strumenti legislativi che lo consentono, devono essere occasione di effettiva progettualità economica a supporto delle qualità dell’agroalimentare made in Italy, delle sue eccellenze enogastronomiche e di accoglimento turistico originate dai valori professionali e naturali che abitano anche la campagna calabrese.

 

  1. RUC e Anagrafe delle imprese agricole.

 

Il tema della semplificazione oltre che sul fronte dell’assetto istituzionale opera anche su quello dei rapporti fra Imprese e Pubblica Amministrazione.  In questo ambito è necessario anche in Calabria istituire il Registro Unico dei Controlli, in stretto collegamento con il RUC nazionale, alla luce anche della piena applicazione del Reg.to Ue 625/2017, in maniera da mettere in comune la struttura dei controlli regionale con quella nazionale (ICQRF, Carabinieri forestali ecc.) per proseguire e valorizzare i fini di semplificazione dei controlli. Se si vuole dare seguito alla vera semplificazione occorre fare un’attenta riflessione sulla mole di lavoro e oneri che gravano sulle imprese a seguito delle molteplici tipologie di controlli (che possono arrivare a 172) e procedere da un lato ad una radicale riduzione dei gravami e dall’altro a codificare procedure basate su rilevi fondati su disposizioni di legge oggettivi e puntuali, evitando nel contempo di permettere aggiunte personalizzate da parte di soggetti controllori. Parimenti una valorizzazione dell’anagrafe delle imprese agricole presso tutto il sistema Regionale è diventato un tema non più procrastinabile. Occorre dare reale seguito alle norme nazionali e regionali che impongono alla Pubblica Amministrazione per la predisposizione dei controlli e più in generale di tutti i rapporti che si instaurano tra Imprese e Pubblica Amministrazione dell’utilizzo dei dati già presenti in quest’ultima onde evitare il ripetersi di richieste o verifiche su elementi già rilevati e certificati.

 

  1. Riconoscimento del valore strategico del sistema agro-alimentare regionale

 

Il settore agroalimentare calabrese, è risaputo, rappresenta il settore trainante dell’economia calabrese, e pertanto, questa richiesta, parte del valore economico, sociale, occupazionale, promozionale e di comunicazione che gioca la produzione agro-alimentare della nostra regione sul sistema produttivo della Calabria, e ha come obiettivo quello di attribuire allo stesso la valenza strategica che merita, ponendolo al centro delle iniziative e delle scelte di sostegno allo sviluppo del comparto. Alle risorse UE sempre più vincolate devono essere affiancate risorse proprie della regione in un ambito sinergico fra i vari Assessorati.  La Regione deve farsi garante di accordi interprofessionali, deve porsi nella condizione di soggetto sostenitore e agevolatore dei processi aggregativi di filiera e di rete di imprese; è necessario recuperare l’ultimo miglio di questo PSR e la programmazione del nuovo, per attivare, finanziandola con risorse adeguate, la misura che sostiene la nascita di nuove e più performanti Organizzazioni di Produttori e che favorisce l’aggregazione di quelle esistenti, prestando particolare attenzione al rafforzamento delle filiere tradizionali (Olio, agrumi e zootecnia) e alla nascita di nuove, anche su nuovi comparti, come quelli della frutta in guscio.

 

  1. Superamento della politica restrittiva vissuta fino ad oggi dal sistema agricolo e creazione di una vision distrettuale.

 

La richiesta nasce dall’esigenza delle imprese agricole ed agro alimentari di essere poste nelle condizioni di poter esercitare la loro attività imprenditoriale, nelle stesse modalità dei loro colleghi ubicati nelle altre regioni meridionali anzi possibilmente in situazioni migliori. Occorre evitare l’emanazione di disposizioni più restrittive e/o penalizzanti rispetto ad altre regioni. Data la natura concreta dell’economia agroalimentare globale e delle dinamiche in atto attorno all’area mediterranea, è impellente ritrovare un ambito di elaborazione e gestione delle politiche delle regioni interessate quantomeno coordinato e consapevolmente collaborativo, al fine di sostenere il made in italy e la sua qualità e di consentire uno sviluppo economico che sempre meno si lascia confinare negli ambiti amministrativi dati, necessitando a diversi livelli di visioni più ampie (materia prima, standard qualità e ambientali, ristrutturazione di settori, salvaguardia e rafforzamento delle eccellenze).

 

  1. Sostegno allo sviluppo della produttività e dell’innovazione

La richiesta è conseguente alla necessità di porre il nostro sistema agricolo ed agroalimentare nelle condizioni di stare sul mercato con piena dignità e capacità. Per dare corpo a tale finalità, si deve operare per favorire tutti i processi di integrazione incentivando le diverse modalità aggregative previste non solo dalle nuove normative in materia di impresa agricola e di diritto societario (reti di impresa), ma anche quelle innovative sperimentate in altri paesi comunitari. La definizione di scelte relative alla fiscalità ed alle politiche del lavoro per l’agricoltura, sono fattori su cui è necessario porre particolare attenzione in quanto in grado di sostenere le imprese in questa fase di crisi e supportare politiche di crescita del settore. Occorre nel contempo rilanciare la concertazione sociale e la progettazione economica di filiera tra tutti i portatori di interesse, nell’intento sia di costruire una convergenza largamente condivisa sulle scelte strategiche per l’agroalimentare regionale sia per supportarle imprenditorialmente.  Un sostegno alla crescita ed allo sviluppo delle imprese orientato all’innovazione passa anche attraverso nuovi strumenti assicurativi, creditizi, infrastrutturali, logistici, formativi e di supporto alle politiche di qualità sostenendo, al pari di quanto avviene negli altri settori, le imprese ed i loro strumenti di servizio e di rappresentanza.  Il miglioramento della qualità dei prodotti agricoli, di cui sono presupposti integranti la biodiversità, la tipicità e la tracciabilità, rappresenta una prospettiva da perseguire pur nell’attuale crisi economica che riduce la capacità di spesa dei consumatori. In questa prospettiva vanno concretamente valorizzate le produzioni nazionali proteiche assicurandone la sostenibilità ambientale, le caratteristiche organolettiche dei prodotti e di conseguenza la loro capacità di penetrazione sui mercati ma anche l’esigenza di promuovere una ricerca scientifica pubblica verso tecnologie compatibili che limitino il consumo di acqua e di suolo, che migliorino le caratteristiche organolettiche dei prodotti agricoli.

Vane potrebbero essere tutte queste politiche senza adeguati controlli fitosanitari soprattutto nei porti. Non possiamo permetterci di mettere a rischio le produzioni agricole calabresi e italiane con l’introduzione e la diffusione di organismi nocivi non presenti sul nostro territorio (come già successo in Puglia con la Xylella fastidiosa ) e che hanno già messo in ginocchio l’economia di interi Paesi (ad es. il Greening degli agrumi in California e Brasile) spesso grossi esportatori verso l’Europa.

 

  1. Sostenere la competitività e la promozione sui mercati

E’ indispensabile proseguire nell’ottimizzazione dell’azione per far giungere alle imprese agricole i sostegni previsti dalla PAC, giunta ormai alla conclusione di questo periodo di programmazione, e le future risorse del nuovo Piano Regionale di Sviluppo Rurale. Va inoltre reso strutturale e attivato in modo coordinato tra i vari soggetti pubblici deputati, il sostegno funzionale alle politiche di penetrazione commerciale delle imprese, i cui risultati devono essere l’effettivo metro di giudizio di efficacia. Soprattutto per i prodotti di cui in Calabria se ne dispone di grandi superfici (Olio e agrumi in primis), occorre favorirne, migliore/maggiore penetrazione nello spazio internazionale del commercio, concentrando le politiche d’offerta, standardizzando la qualità e migliorando la gestione logistica da parte del pubblico e del sistema delle filiere agroalimentari che deve guardare anche, ma non solo, al consumatore finale, adeguando servizi e funzioni di tipo industriale e terziario. Bisogna nel contempo operare ancora con più incisività, una razionale e strutturata politica di promozione dell’agroalimentare del sistema Calabria, basata su strategie di innovazione di prodotto, di processo e di marketing. Una promozione costruita sulla collaborazione tra gli organi pubblici preposti con i soggetti privati che ne sono portatori e supportata, se necessario, anche da azioni di certificazione di filiera e di distretto.

Un’attenzione particolare si deve prestare alla GDO che deve trovare, nella definizione di un codice di condotta che individui le buone pratiche commerciali da adottare nei rapporti contrattuali tra GDO e fornitori per i prodotti agroalimentari, un punto di arrivo, in uno spirito di reciproca responsabilità sociale nella consapevolezza che il riconoscimento del giusto valore alla produzione primaria è condizione indispensabile per assicurare la sopravvivenza della nostra agricoltura.

Rilevante dovrebbe e potrebbe essere il ruolo svolto dalla Regione Calabria nell’attuale fase di stesura degli strumenti normativi attuativi della futura PAC 2021-2027, che devono essere funzionali e di supporto alle imprese per rinnovarsi e coraggiosamente cambiare alcune regole del gioco che attualmente penalizzano il nostro sistema agroalimentare (aiuti, premi e incentivi, promozione, concentrazione, internazionalizzazione, investimenti, ecc).

Non di meno, è necessario riprendere e sostenere i distretti agroalimentari regionali, come strumento unitario e partecipativo di gestione del territorio, a cui affidare politiche di promozione e valorizzazione del complesso produttivo territoriale, di concerto con il Dipartimento Regionale Agricoltura.

 

  1. Sostenere la diversificazione e la valorizzazione dello spazio rurale

Alla green energy che in questi anni ha visto in Calabria la proliferazione di tantissimi impianti (dal fotovoltaico all’eolico, ecc.) e che pone la Regione tra le più attive nel panorama delle Regioni italiane, si deve affiancare la valorizzazione dello spazio rurale del territorio. Politiche di integrazione fra turismo ed agricoltura, e con quanto essa rappresenta in termini di cultura e tradizione, vanno strutturate per cogliere e valorizzare, al meglio, il turismo enogastronomico e non solo. E’ necessario rendere gli spazi rurali sicuri e accoglienti, ma anche forniti dei servizi primari necessari ai coraggiosi residenti per potere continuare a lavorare e vivere nelle stesse aree o per i giovani per continuare a scommettere sul loro futuro. Le aree rurali, devono essere considerate in tutte le loro sfaccettature, e pertanto l’azione deve essere tale da favorire lo sviluppo di tutte le attività (agricole, di ospitalità, di artigianato, di servizi), il cui sviluppo e la cui permanenza deve essere oggetto di programmazione in concerto con le organizzazioni che ne rappresentano gli interessi.

In questo spazio, le aziende zootecniche tipiche delle aree calabresi, che allevano specie autoctone molto pregiate tra cui il bovino podolico, conosciuto dai tempi dei romani, devono essere tutelate e ulteriormente valorizzate. Il sistema di gestione introdotto nell’Associazione Regionale Allevatori che come Cia-Agricoltori Italiani abbiamo contribuito a garantire ha prodotto enormi risultati in termini di efficienza e garanzia dei servizi agli allevatori e in termini di efficientamento della struttura che dovrà continuare con maggiore determinazione, fornendo alla stessa ARA gli strumenti e le risorse per continuare a garantire i servizi che eroga e alle Organizzazioni di Produttori gli strumenti e le risorse per organizzare, valorizzare e commercializzare i prodotti degli associati.

 

  1. Riconoscimento del ruolo di presidio del territorio svolto dalle imprese

 

I fatti tragici che si ripetono sempre con maggiore frequenza nel nostro paese e anche nella nostra regione devono riportare all’attenzione della politica al principio che è sempre meglio prevenire che intervenire nelle emergenze. Riconoscere alle imprese che operano in determinati territori, con particolare riguardo alle aree collinari e montane, il compito di manutentori del suolo, vuol dire prevenire problematiche e danni che sicuramente genererebbero costi maggiori di quelli derivanti da stanziamenti ad hoc. In questo contesto si devono inserire anche degli impegni di adeguamento dei sistemi di welfare e di servizio per le zone rurali che vivono problemi di degrado o di declino attraverso fenomeni di abbandono, valorizzando le esperienze della sussidiarietà che si sono realizzate in questi ultimi anni. I fondi messi a disposizione dai vari Piani (FESR, FSE, FEASR) devono trovare sinergia fra loro per assicurare a queste aree le risorse adeguate a mantenere vitale queste zone marginali. Queste risorse si devono integrare con le risorse messe a disposizione dal bilancio regionale trovando un quadro normativo regionale favorevole che incentiva la permanenza di imprese sul territorio.

Nondimeno trascurabile è assicurare che le attività possano svolgersi senza che le scellerate politiche faunistico/venatorie ne danneggino in modo consistente il loro regolare corso. In tutti questi anni gli agricoltori subiscono le scorribande devastanti degli animali selvatici (cinghiali soprattutto) nei propri campi, per effetto della introduzione sui territori di specie prolifere non autoctone e che negli anni, non gestiti, hanno invaso intere aree produttive della Calabria. Lo andiamo dicendo da tempo, i cinghiali sono troppi (se si pensa che ogni anno sono circa 12.000 i soli animali abbattuti) e devono essere ridotti di numero per renderli compatibili e sostenibili ambientalmente, economicamente e socialmente. A questo proposito, come Cia-Agricoltori Italiani abbiamo proposto una radicale modifica della Legge 157/92 che soprattutto si pone l’obiettivo di sostituire il concetto di protezione con quello di gestione e prevede varie iniziative volte alla tutela dell’attività agricola. Oltretutto, questa attività, in assenza di una regolamentazione responsabile, alimenta un mercato parallelo e illegale di carni da cacciagione che potrebbe essere ricondotta alla legalità/sanità garantita, attraverso un progetto di valorizzazione delle carni mediante la gestione di una filiera controllata su cui fare confluire anche gli animali abbattuti dai selettori; progetti in alcune aree del Paese, anche finanziati con il PSR, in tal senso, prevedono già una riduzione del numero dei capi, salvaguardando il territorio dai danni provocati dai selvatici (anche fisici per le persone), e la costruzione di una filiera legale, competitiva e qualificata capace di incrementare il consumo di carne di selvaggina trasformata in maniera sicura e di qualità e in grado di incrementare il reddito delle imprese agricole partecipanti al progetto e all’economia delle aree interne.

 

  1. Impostare una politica di tutela e preservazione dell’ambiente in cui l’azienda sia posta al centro del sistema come valore su cui investire e non come soggetto da controllare e vessare.

 

Occorre approcciarsi alla tutela dell’ambiente mediante l’instaurarsi di procedure volte a valorizzare, nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni UE, Nazionali e Regionali, le competenze ed il ruolo di tutela del territorio svolto sistematicamente dalle imprese agricole. In altre parole si dovrebbe passare dall’attuale fase in cui soggetti esterni al territorio definiscono norme, vincoli e divieti da far attuare alle imprese agricole senza valutare e sfruttare le capacità di queste a preservare l’ambiente poste al centro delle iniziative le imprese ed il loro fare quotidiano.

Tutte le politiche e tutte le norme di tutela ambientale (rete Natura 2000, aree protette, emissioni in atmosfera, AIA ecc.) devono essere oggetto di discussione e condivisione fin dalla loro fase di progettazione con le realtà agricole in maniera da dare una reale attuazione della tutela del territorio. Inoltre dovrà sempre più essere valorizzato il carico posto in capo alle aziende di assicurare ambiente mediante riconoscimenti economici per gli sforzi sostenuti.

E’ inderogabile, infine, assicurare la partecipazione, a pieno titolo, dell’agricoltura alle politiche di programmazione territoriale, di valorizzazione del ruolo degli agricoltori e dell’attività agricola nelle energie rinnovabili e nell’accumulazione di CO2, nella conservazione dell’ambiente e nella difesa del suolo nelle aree montane e collinari e di bonifica in pianura, perseguendone la tutela e la sostenibilità economica ed ambientale.

 

 

 

 

  1. Piano Territoriale Regionale come strumento di preservazione del territorio.

Le politiche di sviluppo infrastrutturale devono essere attuate attraverso indirizzi volti a diminuire il consumo di terreno dando così sostanza a quanto contenuto nella legislazione regionale. In questo ambito deve essere rivisto il modello di sviluppo delle città che da orizzontale deve passare a verticale e deve essere attuato un forte recupero dell’edilizia esistente, riportando oltretutto a nuova vita i tanti borghi e Paesi sparsi nelle nostre colline calabresi. Nel contempo la visione del sistema agricolo all’interno delle politiche regionali deve essere impostata riconoscendo l’azienda agricola come fattore produttivo del sistema e in questo contesto posto nelle condizioni di operare. La tutela del paesaggio e la preservazione del territorio, funzioni fondamentali per l’armonico sviluppo socio-economico regionale, sono, come noto, da sempre svolte dall’imprenditore agricolo; i fenomeni di dissesto idrogeologico sono più frequenti nelle aree abbandonate dagli agricoltori. Ne consegue che discussioni su questi argomenti non possano prescindere da un confronto con le imprese agricole in tutte quelle situazioni in cui si voglia o si debba destinare il suolo ad altri usi rispetto a quelli agricolo – produttivo. Per quanto riguarda la realizzazione della rete infrastrutturale, dalle grandi opere ormai prossime alla loro concretizzazione sino alle molteplici opere di adeguamento delle reti esistenti, è necessario coinvolgere, fin dalla fase progettuale, la componente agricola, che più di tutte le altre ne viene interferita, allo scopo di prevenire e limitare i danni al paesaggio, all’ambiente e alle aziende. Essa dovrà inoltre prevedere un’adeguata dotazione di risorse volte alla mitigazione/compensazione dei danni paesaggistici e ambientali e al riconoscimento di un equo indennizzo alle aziende agricole da riconoscersi con procedure codificate, trasparenti e rapide.

Allo stesso tempo, quale indispensabile azione preventiva, va resa sempre più efficace la politica per le aree rurali e montane, incrementando le risorse per la manutenzione del territorio, la forestazione, il miglioramento delle infrastrutture materiali e telematiche e del sistema dei servizi alle persone, alle imprese e alle comunità nel suo complesso, procedendo alla trasformazione delle aree protette (soprattutto i parchi nazionali e regionali) da elemento che pone solo vincoli a soggetto attivo che promuove azioni e opportunità di sviluppo. La Commissione Ue, tramite la DG Agri, è pronta a presentare un piano d’azione dedicato, che includerà azioni politiche per affrontare la stagnazione delle zone rurali, cogliendo le opportunità della bioeconomia circolare, del rinnovo generazionale e dell’innovazione tecnologica, e come Calabria sarà necessario farci trovare pronti.

 

  1. Totale revisione del sistema delle bonifiche e di gestione delle risorse idriche.

 

La proposta deriva dell’esigenza di modificare l’indirizzo fin qui assunto da parte della regione.  Troppe volte si affronta la questione della gestione e dell’uso delle acque da parte del settore agricolo senza tener minimamente conto del valore e dell’importanza che questo bene ha per l’agricoltura. Trovare un equilibrio tra la preservazione del bene acqua, la sua razionale distribuzione e il suo corretto utilizzo è il primo obiettivo delle imprese agricole.  In questo contesto però diventa necessario affrontare senza pregiudizi o veti di parte, strategie volte a garantire, nella gestione degli invasi, disponibile il bene acqua agli agricoltori anche nelle aree di montagna.

Occorre, inoltre continuare a sostenere adeguatamente gli investimenti volti a realizzare sul territorio forme di irrigazione e utilizzo dell’acqua più innovative ed efficienti di quelle esistenti. Ma tutto questo non sarà mai possibile se non si affronta seriamente una politica di razionalizzazione ed efficientamento del sistema delle bonifiche in Calabria. Tale sistema negli anni ha alimentato sovente sistemi di gestione clientelare del personale operante e delle attività gestite, sperperando ingenti risorse ordinarie e comunitarie. Gli attuali consorzi di bonifica non servono alla Calabria, alle sue imprese e ai calabresi devono essere riformati, garantendone una gestione democratica con il controllo pubblico, eliminando imposizioni non dovute sancite anche dalla corte costituzionale, concentrandone la governance e razionalizzandone il sistema di gestione tecnico/amministrativo/legale.

 

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