Aeroporti, Dieni: «Da Oliverio il solito scaricabarile»

«Il governatore Oliverio afferma di non aver alcuna responsabilità rispetto alla gestione fallimentare degli aeroporti di Reggio Calabria e Crotone, ma dimentica dire che lui stesso è alla guida della Regione ormai da quasi tre anni, un lasso di tempo nel quale i due scali hanno conosciuto il peggior periodo della loro storia». È quanto afferma la deputata del M5S Federica Dieni. 

«Le giustificazioni del presidente della Regione, pertanto – aggiunge la parlamentare –, sono del tutto ridicole perché tendono a occultare una verità lampante: in quasi mille giorni Oliverio non solo non è riuscito a rilanciare i due aeroporti, ma con le sue politiche miopi ha contribuito fortemente al loro (speriamo non) definitivo affossamento».

«Invece di attribuire tutte le responsabilità alle passate amministrazioni – continua Dieni –, Oliverio dovrebbe uscire finalmente dall’ambiguità e spiegare con chiarezza quando verranno implementati i voli da e per il “Tito Minniti” e quando verrà riaperto il “Sant’Anna”. I calabresi non hanno voglia di assistere al solito gioco del scaribarile in cui il governatore eccelle, ma vogliono sapere se esiste un piano sostenibile ed effettivamente realizzabile per far uscire due intere province dall’isolamento».

«Oliverio, inoltre – insiste la deputata 5 stelle –, dovrebbe anche trovare il tempo per fornire i chiarimenti in merito alla vicenda dei “milioni fantasma”. Come abbiamo avuto modo di spiegare nei giorni scorsi, circola un’indiscrezione secondo cui il debito pregresso di un milione e 800mila euro vantato da Alitalia non sarebbe stato effettivamente saldato, a differenza di quanto lo stesso governatore aveva assicurato. È davvero così? È proprio per via di questo credito ancora pendente che l’ex compagnia di bandiera non intende aumentare il numero di voli dell’aeroporto di Reggio Calabria?».

Dieni conclude: «Sono queste le domande a cui Oliverio dovrebbe dare una risposta. Tutto il resto sono solo chiacchiere e propaganda; e i calabresi non ne possono più».

 

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