E’ fondamentale creare le condizioni legislative perché i Fondi possano far crescere le aziende coinvolte e i lavoratori formati, superando concezioni burocratiche che ne appesantiscono il ruolo, e riportando alla formazione, circa 120 milioni, le risorse ad essa destinate.
L’Unione Europea abolisca il concetto di Aiuti di stato se riferiti a percorsi di formazione.
Questo l’appello che viene oggi da Confindustria e Cgil, Cisl e Uil nel corso del Forum “Il futuro del sapere, aziende e lavoratori nella trasformazione” per i 15 anni di Fondimpresa svoltosi oggi a Roma all’Auditorium della Tecnica.
Il Fondo delle quattro parti sociali, in continua crescita dall’anno della sua istituzione, è oggi il principale player in Italia con le sue oltre 200 mila aziende aderenti che rappresentano un bacino di 4 milioni e 681mila lavoratori dipendenti potenzialmente beneficiari delle attività formative finanziate.
La formazione finanziata da Fondimpresa permette ai lavoratori – con l’accrescimento del patrimonio di competenze– di avere un ruolo attivo, e non più meramente passivo, all’interno del mercato del lavoro, con il conseguente aumento della capacità di incidere in maniera più consapevole all’interno dei processi produttivi in cui sono coinvolti.
“La necessità della formazione professionale continua- ha dichiarato il Segretario Generale del Cgil Maurizio Landini- è sempre più avvertita dai lavoratori e dalle imprese.
La formazione continua deve diventare un diritto individuale esigibile per i lavoratori. Un fattore strategico per l’innovazione e la crescita del sistema delle imprese e per lo sviluppo del Paese.
Percorsi condivisi tra impresa e rappresentanze sindacali sono elementi che qualificano in positivo le relazioni industriali sia in ambito aziendale che settoriale”.
“La formazione continua dei lavoratori- ha dichiarato la Segretaria Generale della Cisl Annamaria Furlan– è un fattore strategico per lo sviluppo del paese, la qualità e la competitività delle imprese, tanto quanto lo è l’investimento tecnologico. Rappresenta anche il miglior deterrente per evitare l’invecchiamento professionale.
In tal senso siamo impegnati ad operare nelle scelte contrattuali sia in sede aziendale sia a livello di contrattazione collettiva nazionale.
Nella stessa direzione dovrebbero andare le scelte , gli orientamenti e le decisioni conseguenti da parte del Governo, riconoscendo il fondamentale ruolo dei fondi interprofessionali, a partire da Fondimpresa, per le politiche attive del lavoro.”
“Il successo di Fondimpresa- ha dichiarato il Segretario Generale della UIL Carmelo Barbagallo– dimostra che la formazione continua è l’elemento fondamentale per aumentare la professionalità dei lavoratori e la produttività delle imprese e i Fondi possono anche essere un concreto strumento attivo delle politiche del lavoro per la ricollocazione dei lavoratori e per l’inserimento di disoccupati e inoccupati. Ma occorrono atti concreti a livello legislativo, nazionale ed Europeo e il ripristino delle risorse che sono state levate alla formazione e devono tornare al loro scopo originario.
Su questo, per passare dalle parole ai fatti, impegneremo Governo e Parlamento.”
“La formazione- ha dichiarato il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia- è la chiave per affrontare le sfide del futuro e le trasformazioni che deriveranno da industria 4.0. Occorre investire sulla formazione delle persone occupate anche in ragione del fatto che nei prossimi anni le imprese rischiano di non trovare quasi 200 mila profili di cui hanno bisogno. In un Paese dove la disoccupazione giovanile è al 30% , è un paradosso che bisogna superare al più presto. In questo quadro il contributo dei fondi interprofessionali è fondamentale. Mai come in questo momento è evidente la necessità per le imprese di puntare sulla conoscenza e sull’innovazione per poter essere competitive. Debitamente potenziati i fondi potrebbero svolgere un ruolo fondamentale nel mercato del lavoro. I fondi possono infatti favorire l’inserimento al lavoro dei giovani e dei disoccupati nonché accompagnare le sempre più delicate fasi di ristrutturazione e rilancio aziendale.”
“Chiediamo l’abolizione del concetto di aiuto di stato- ha dichiarato il Presidente di Fondimpresa Bruno Scuotto– se riferito a percorsi di formazione perchè un aiuto di stato consiste nell’intervento di un’autorità pubblica effettuato tramite risorse pubbliche, per sostenere alcune imprese o attività produttive. Un’impresa che beneficia di un tale aiuto ne risulta avvantaggiata rispetto ai suoi concorrenti. Di conseguenza, il controllo degli aiuti di stato risponde alla necessità di salvaguardare una concorrenza libera e leale all’interno dell’Unione.In riferimento alla formazione finanziata noi riteniamo che non sia corretto parlare di un vantaggio offerto a beneficio della singola azienda che ottiene il sostegno alla formazione. Il sostegno incide sì, com’è ovvio, sull’azienda beneficiaria ma incide in misura ancora maggiore sul lavoratore che viene formato e vede accrescere le proprie competenze professionali.”
Formazione continua: più di 4 milioni e 600 mila i dipendenti delle aziende aderenti a Fondimpresa
Il fondo interprofessionale di Confindustria e CGIL, CISL, UIL ha presentato oggi dati importanti non solo per la storia della formazione professionale ma per anche analizzare come sta cambiando il mondo delle imprese: un forte trend di crescita ha caratterizzato i primi 15 anni di attività del primo tra i fondi interprofessionali in italia. Si va dalle 17mila aziende aderenti nel 2004 alle oltre 200mila aziende del 2019, parliamo di un numero undici volte superiore a quello iniziale. Per quanto riguarda i lavoratori si va da un milione e 306mila lavoratori del 2004 ai quattro milioni e 681mila del 2019: numeri importanti che non possono che fare di Fondimpresa il più grande dei fondi interprofessionali in termini di peso ponderale.
Per i dati riguardanti le dimensioni delle imprese si conferma il trend degli anni precedenti: in aumento le piccole imprese (fino a 49 addetti) che rappresentano oltre il 92 per cento del totale delle aderenti al fondo, la parte restante si suddivide tra il 6,48 per cento delle aziende tra i 50 ed i 249 addetti e 1 per cento di quelle con più di 250 addetti.
Guardando al territorio le regioni più rappresentate risultano essere il Veneto con quasi 28 mila aziende e 555 mila lavoratori, la Lombardia che sfiora le 27 mila aziende con oltre 1 milione di lavoratori e la Campania con 24mila aziende e 264 mila lavoratori.