DECRETO CRESCITA, alzare la soglia del riconoscimento di marchio storico a 100 anni. L’anagrafica, insieme all’heritage aziendale, è importante perché è garanzia di crescita e solidità.
È quanto dichiara Fortunato AMARELLI, vicepresidente dell’Unione imprese storiche Italiane (UISI), che approfondisce argomenti ed aspetti del provvedimento nell’intervista rilasciata a IL SOLE 24 ORE, ieri (venerdì 26) in edicola.
Viene definita Impresa Storica un’azienda, intesa come marca ultracentenaria italiana, che nel tempo passato, nel presente e anche con una forte propensione dinamica verso il futuro, abbia saputo operare in una dimensione che continui a muovere indissolubilmente, in via autonoma e nazionale, la produttività e l’economia in un contesto sociale e culturale. L’Unione Imprese Storiche Italiane riunisce identità di assoluto prestigio internazionale, quindi marche animate da una forte ispirazione culturale.
TUTELA e REGISTRO dei MARCHI STORICI, quello che conta – sottolinea – è quanto c’è dietro a un’azienda e a un brand, grazie al know how che si è sedimentato in un territorio e quanto quel marchio ha saputo entrare nell’immaginario collettivo di un Paese.
INVESTIMENTI ESTERI. ACQUISIZIONE E DELOCALIZZAZIONE AZIENDE STORICHE, MERCATO. COMPETITIVITÀ. RICADUTE SUI TERRITORI. ITALIAN SOUNDING. NO TAX AREE PER FAVORIRE CRESCITA SUD. – Sono, questi, in sintesi, gli argomenti snodati nel corso dell’intervista dall’amministratore delegato di AMARELLI, impresa familiare e culturale che si tramanda da 11 generazioni e che dal 1731 produce la liquirizia pura più conosciuta e diffusa al mondo.
Il mercato – risponde il rappresentante delle imprese storiche – deve essere libero di svilupparsi. Non si può impedire ad un investitore di fare delle scelte. Sì a misure che accompagnano fasi delicate di un passaggio, sostengono i livelli occupazionali – aggiunge – e aprono un’interlocuzione con l’investitore estero. Sono attenzioni verso il MADE IN ITALY che devono essere messe in campo a prescindere che un marchio sia storico o meno.
Per contenere l’ITALIAN SOUNDING (fenomeno che fa riferimento all’imitazione di un prodotto/denominazione/marchio attraverso un richiamo alla presunta italianità) bisogna fare arrivare i prodotti originali sugli scaffali più remoti. Chi non se li può permettere, non può o non vuole spendere per quello vero, comprerà – continua AMARELLI – sempre l’imitazione low cost. L’ITALIAN SOUNDING è un problema. Ma è anche il più grande veicolo di promozione per il nostro food all’estero.