Siamo entrati nel mese delle tasse, per le imprese novembre è da sempre il periodo dell’anno più “impegnativo” nei rapporti economici con l’erario.
Tra gli acconti Ires e Irpef, i versamenti dell’Iva, dell’Irap e il pagamento delle addizionali regionali, comunali e le ritenute dell’Irpef, entro la fine del mese i lavoratori dipendenti, i possessori di altri redditi ma soprattutto gli imprenditori e i lavoratori autonomi saranno chiamati a corrispondere al fisco, secondo il conteggio eseguito dalla Cgia di Mestre, poco più di 57 miliardi di euro.
In Italia il gettito tributario (imposte, tasse e tributi) si aggira attorno ai 500 miliardi di euro l’anno. Questa cifra così importante affluisce nelle casse dell’erario rispettando una serie di scadenze fiscali che si concentrano prevalentemente tra novembre (il mese “top” dell’anno) e dicembre e nei mesi di giugno e luglio.
Non saranno poche le imprese che avranno problemi a onorare queste scadenze: secondo il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo,
a causa dei mancati pagamenti, una buona parte delle 950.000 aziende che lavorano per la pubblica amministrazione devono ancora incassare 57 miliardi di euro. Con poca liquidità a disposizione e il perdurare delle difficoltà di accesso al credito, per questi imprenditori non sarà facile recuperare i soldi per pagare le tasse
E’ per questo che chiediamo al governo Conte di trovare una soluzione. Se non si riesce a saldare questi fornitori entro i tempi stabiliti per legge, si consenta a questi ultimi almeno la compensazione tra i crediti vantati verso la pubblica amministrazione e le imposte dovute al fisco. Per queste realtà sarebbe un grosso toccasana». Oltre che un atto di giustizia civile e fiscale, da vero governo del cambiamento.
Gli artigiani mestrini ricordano che nel dicembre 2017 la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione a causa del sistematico mancato rispetto delle disposizioni europee contro i ritardi di pagamento.
Secondo i risultati emersi dalle ultime indagini campionarie riportate dalla Banca d’Italia nella “Relazione annuale 2017” (pag. 154-155), il cumulo di debiti commerciali in capo all’amministrazione pubblica italiana sarebbe sceso da 64 a 57 miliardi di euro.
E in attesa che il ministero dell’Economia riesca finalmente a dimensionarli con esattezza, si ipotizza, al netto della quota riconducibile ai ritardi fisiologici (ovvero entro i 30/60 giorni come previsto dalla legge), che le imprese fornitrici vanterebbero 27 miliardi di crediti dal comparto pubblico.
L’imposta più onerosa che le imprese e i lavoratori autonomi verseranno a novembre sarà l’Iva che comporterà un incasso per l’erario di 15 miliardi di euro.
Seguirà l’acconto Ires in capo alle società di capitali (Spa, Srl, Società cooperative, etc.): queste ultime anticiperanno al fisco 14 miliardi di euro.
I collaboratori e i lavoratori dipendenti, attraverso i rispettivi datori di lavoro, “daranno” al fisco le ritenute per un importo pari a 11,5 miliardi di euro.
L’acconto Irpef, invece, costerà alle aziende 7,4 miliardi di euro, mentre l’Irap implicherà un prelievo di 6,5 miliardi.
Infine, le ritenute Irpef dei lavoratori autonomi e l’addizionale regionale Irpef “peserà” in entrambi i casi per poco più di 1 miliardo di euro.
L’addizionale comunale Irpef e le ritenute bonifici detrazioni Irpef, infine, preleveranno dalle casse delle aziende rispettivamente 400 e 177 milioni di euro.
E tutto ciò al netto dei contributi previdenziali che dovranno essere versati entro il prossimo 16 novembre.