“Rosario Villari fu un calabrese che ha sempre pensato europeo. Esattamente come altri grandi della nostra regione. Penso, per esempio, a Corrado Alvaro. Anche lui, e credo non per caso, fece lo stesso percorso, con i piedi nella propria terra a frugarne pieghe, difficoltà, potenzialità e il cervello in Europa. Bisognerà trovare, io dico e spero rapidamente – e la Regione Calabria dovrà trovare il modo per dare un contributo ampio e significativo nel rispetto pieno dell’autonomia del lavoro di studiosi e specialisti -, il modo per recuperare interamente la riflessione e il lascito culturale di Villari alla cultura italiana ed europea, ai calabresi e alla Calabria, uno dei cuori più dolorosi del Sud”.
Ha esordito così il presidente della Giunta regionale, Mario Oliverio, intervenendo oggi pomeriggio alla cerimonia di intitolazione di una piazza sul lungomare di Bagnara a Rosario Villari e alla tavola rotonda patrocinata dalla Regione Calabria e promossa dal Lyons Club “Torre Ruggero” sul tema: “Un sogno di libertà. In ricordo del prof. Rosario Villari, storico, politico e accademico di Lincei” svoltasi presso un noto albergo di Bagnara Calabra.
“Il Sud -ha aggiunto Oliverio- fu il punto di partenza di Villari. Un trampolino potente per meglio comprendere il suo tempo storico ai livelli più alti, per crescere e arricchirsi come studioso, intellettuale e uomo politico. Ho letto da qualche parte in occasione della sua morte che
Villari è stato il calabrese che ha insegnato agli italiani la storia
E’ vero. Il suo manuale è stato utilizzato da milioni e milioni di ragazzi nelle scuole di tutta Italia. Aggiungerei che è stato anche il calabrese che ha aiutato gli italiani a capire ed amare la storia, non più come arido elenco di date e personaggi da mandare a memoria, ma come processo di spiegazione del presente che viviamo. E’ stato un grande storico, io credo, perché ha intrecciato lo studio all’impegno. Perché ha fatto dello studio e della ricerca la leva per capire e, se possibile migliorare l’esistenza degli uomini. Per questo, io credo,
quando Berlinguer gli chiese di scendere in campo, accettò la candidatura a deputato
Naturalmente, deputato meridionale e, altrettanto naturalmente, calabrese. Capolista del Pci in Calabria nel 1976. Lui che due decenni prima, nel terribile ’56, aveva unito il suo nome e la sua firma a quella degli intellettuali comunisti e non solo che erano insorti in Italia contro l’invasione in Ungheria dell’Unione sovietica. Una scelta che non gl’impedì di restare iscritto e, come si diceva allora militante, del partito comunista”.
“Me la ricordo -ha aggiunto Oliverio- quella campagna elettorale del ’76 a cui partecipai con la passione dei miei 23 anni anche io. Ci fu uno scontro terribile tra il Pci di Berlinguer e la Dc di Aldo Moro. E vi furono scambi di accuse brucianti che, dopo le elezioni, non impedirono a Moro e Berlinguer, in nome di una situazione difficilissima per l’Italia, di sedersi allo stesso tavolo per dar vita alla politica delle grandi intese che tirò fuori il paese, coi Governi Andreotti che ebbero l’appoggio esterno del Pci, da un appesantimento gravissimo della nostra situazione economica in una fase incupita e segnata dal sangue e dalla paura del terrorismo italiano.
Mi sia consentito un rapido fuori tema: Moro e Berlinguer sono due delle radici fondamentali (quella dei cattolici democratici e dei comunisti italiani) che sarebbero poi confluite, assieme ad altre, nel Pd).
Torno a Villari. Dopo cinque anni alla Camera, chiese di non essere più ricandidato. Aveva già tolto molto tempo alla sua riflessione e al lavoro di storico. Era impegnato nel grande progetto di una ricostruzione, comprensibile anche ai non specialisti, ma rigorosa dal punto di vista della ricerca e dell’analisi critica delle fonti, che vedrà la luce alla fine del ’71 con titolo “Storia dell’Europa contemporanea”.
Seicento pagine della più prestigiosa collana storica di Laterza per raccontare un continente dall’inizio della rivoluzione industriale e della rivoluzione francese. Un’opera in polemica con le ricostruzioni pessimistiche sul declino del Vecchio continente. Per Villari, invece, la storia “di un’epoca non ancora conclusa”.
Una frase che lascia immaginare nello storico e nel politico, sempre fermamente riformista, il sogno di un’Europa unita quale terreno ideale e necessario per la soluzione dei problemi che oggi, mezzo secolo dopo da quando Villari la scrisse stiamo affrontando. Ma anche l’intuizione, mezzo secolo fa, che l’Europa sarebbe stata il momento della verità della civiltà dell’intero continente.
Quanto quel libro indichi nell’Europa Unita un contributo decisivo alla storia del mondo e alla soluzione dei nostri problemi, incluso dello del Mezzogiorno d’Italia, non tocca a me dirlo. E’ questione che deve essere affrontata dagli specialisti.
Vorrei però che si irrobustisse, e concludo con questo auspicio, lo sforzo per la comprensione di ciò che Villari c’ha lasciato. Perché Villari è stato un grande calabrese a cui tocca un posto di eccezionale rilievo nel Museo dell’orgoglio della Calabria.