«La transizione dalle otto Zes al nuovo modello Zes per il Mezzogiorno ha subito uno slittamento dell’ultimo momento proprio nella fase di scadenza di tutti i Commissari. Il mancato trasferimento di compiti e funzioni dagli otto Commissari straordinari alla nuova Struttura di missione centralizzata ha richiesto quindi un urgente provvedimento di proroga fino al 1° marzo degli attuali Commissari straordinari. I tempi per il perfezionamento del provvedimento di proroga hanno tuttavia provocato una sensibile discontinuità nei tempi di svolgimento delle conferenze dei servizi e nel rilascio delle autorizzazioni agli investimenti. Una circostanza che basta da sola ad evidenziare la complessità della materia e ad alimentare incertezze riguardo la fluidità della transizione e la messa a regime del nuovo modello».

Esordisce così, in una nota, Aldo Ferrara, presidente di Unindustria Calabria, affrontando un argomento su cui gli industriali sono, da tempo, estremamente vigili: «Da mesi – spiega –, ribadiamo di come sia necessario un ordinato e graduale passaggio delle consegne affrontando per tempo alcune potenziali criticità del nuovo modello di Zes che rischiano di depotenziare la validità dello strumento e la sua utilità, soprattutto in Calabria».

L’analisi di Ferrara, parte dal contesto socio-economico in cui sono nate le Zes: «Il Mezzogiorno viaggia a una velocità ridotta rispetto al resto del Paese. La Zes calabrese, con il suo valore aggiunto determinato dalla semplificazione burocratica per l’avvio degli insediamenti produttivi, grazie ai poteri assegnati al Commissario, e dal sistema di incentivi fiscali, stava dimostrandosi uno strumento utile a rendere la nostra regione attrattiva per investimenti interni ed esterni. La preoccupazione forte, adesso, è che il nuovo modello renda più sfumati i vantaggi, soprattutto in termini di semplificazione e fluidità delle autorizzazioni, tanto da rendere poco attrattiva la Zes a causa di sistema di gestione che centralizza i rapporti e riduce il legame con il territorio. E in questo senso, preoccupa anche il limite minimo di 200mila euro posto all’ammontare degli investimenti nell’area Zes: il tessuto imprenditoriale, soprattutto quello locale, è formato prevalentemente da piccole imprese che sarebbero disposte a investire nella Zes, ma quel limite le tiene fuori da un’opportunità concreta, limitandone così le potenzialità di crescita e di sviluppo. Ciò anche in considerazione del venir meno del credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno».

«C’è poi una criticità non secondaria sollevata dagli amministratori locali – aggiunge il presidente degli Industriali calabresi -: come si concilieranno gli strumenti urbanistici pianificati dai Comuni se tutto il Mezzogiorno sarà area Zes? Le deroghe urbanistiche saranno concedibili ovunque? Anche qui, è necessaria chiarezza. Così com’è necessaria chiarezza sulle risorse per la Zes unica, che attualmente appaiono inadeguate a coprire le esigenze dei territori. Non solo, mentre si prevede di erogarle “a rubinetto”, mancano ancora i moduli per le richieste e il termine ultimo di presentazione delle istanze scade il 15 novembre prossimo: in queste condizioni è impossibile programmare investimenti e pianificare nuovi insediamenti».

«L’attrattività della Zes in Calabria è, poi, funzione degli investimenti in interoperabilità, servizi, ambiente, raccolta dei rifiuti e soprattutto sicurezza nelle aree industriali: senza un ecosistema accogliente, le imprese, a parità di vantaggi ottenuti dalla Zes, non sceglieranno certo la nostra regione per nuovi insediamenti produttivi. A tal fine, auspichiamo la pronta nascita dell’Agenzia regionale che sostituirà il Corap e l’immediato avvio della riqualificazione delle aree industriali», prosegue.

«Infine – conclude Ferrara –, il precedente modello aveva iniziato a dare frutti anche grazie alla stretta sinergia tra Commissario Zes e parti sociali. Il nuovo modello non prevede il coinvolgimento nella cabina di regia della Zes né delle associazioni datoriali, né dei sindacati, allargando lo scollamento tra imprese, territorio e lavoratori. Auspichiamo si ponga rimedio a questa che è una vera e propria stortura nel modello di management della nuova Zes unica, attraverso il coinvolgimento formale e sostanziale delle parti sociali. Ne va del futuro della nostra regione».

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