Le elezioni europee del 26 maggio saranno fondamentali per il modello agricolo italiano. In ballo c’è un settore che ha saputo esprimere dinamicità, economia e tutela del territorio.

Ogni passo indietro si scaricherebbe, con danni enormi, in particolare su una regione come la Calabria, che vuole irrobustire la traiettoria di futuro in un modello agricolo, sostenibile e custode della biodiversità.

In questi giorni – dichiara Franco Aceto presidente di Coldiretti Calabria – stiamo incontrando i candidati calabresi all’europarlamento di tutte le forze politiche in campo nella consultazione europea chiedendo di sostenere i veri agricoltori, la trasparenza e le produzioni di qualità. Difesa delle risorse per l’agricoltura, a partire dalla Pac che è un punto non negoziabile, obbligo dell’origine in etichetta, eliminazione del codice doganale per identificare il made in Italy, revisione degli accordi di libero scambio, standard produttivi uguali per tutti, sono i cinque impegni cardine del “contratto/documento” predisposti dalla Coldiretti. Per Coldiretti, gli impegni da assumere in Europa sono: 1) Obbligo di indicare in etichettatura l’origine degli ingredienti agricoli. I consumatori sempre di più vogliono conoscere la provenienza dei prodotti agricoli alla base del cibo, questo deve essere capitalizzato nella prossima legislatura per portare a compimento il lavoro avviato in Italia prima con i decreti sperimentali su pasta, riso, latte e pomodoro ed ora con l’estensione a tutta la produzione alimentare nazionale. 2) Difesa delle risorse per l’agricoltura.

Coldiretti chiede un impegno esplicito ai candidati a rappresentare l’Italia in Europa, ribadendo, la necessità per una Pac che offra un livello sempre maggiore di servizi ambientali, e capace di premiare i valori economici e sociali generati dall’agricoltura: ragioni che fanno chiedere che la ripartizione delle risorse tra i Paesi membri riconosca il valore delle diverse agricolture dell’Europa, valorizzando criteri come il valore aggiunto e l’occupazione. 3) Eliminazione del codice doganale Il codice definisce come “luogo di origine” dei prodotti il Paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale e non può più essere utilizzato per costruire opacità bensì ripensarlo imperniato sulla trasparenza. 4) Revisione degli accordi bilaterali di libero scambio. La revisione e la stipula degli accordi commerciali devono ispirarsi al principio di reciprocità. Ossia quello che non è consentito in Europa perché potenzialmente dannoso per i consumatori, per i lavoratori o per l’ambiente non può essere fatto entrare da un portone laterale. Il primo passo in questa direzione è la revisione degli accordi, a partire dal CETA l’accordo di libero scambio con il Canadà.

La seconda anomalia è la mancanza di strumenti credibili, da qui anche la petizione “Stop al cibo anonimo”, per il contrasto all’attualissimo tema dell’italian sounding. 5. Standards produttivi analoghi per tutti. Tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei devono rispettare gli stessi criteri, per garantire che negli alimenti in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute,  in linea con lo storico e recente pronunciamento della Corte dei Conti Europea sul mancato rispetto nei cibi di provenienza extraUe degli stessi standard di sicurezza Ue sui residui di pesticidi.

“Insomma  – conclude Aceto – un confronto ampio e a tutto campo, che incentiveremo, per avere spazi importanti, per l’agricoltura e l’agroalimentare “made in Calabria”.

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