“Il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza”

3 Parte/ Le nuove responsabilità dell’organo amministrativo

Grande preoccupazione, tra gli addetti ai lavori, desta quanto disposto dal primo comma dell’art. 378 CCII rubricato Responsabilità degli amministratori, che recita così:

“1. All’articolo 2476 del codice civile, dopo il quinto comma è inserito il seguente: “Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.

L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi.”

 

Questo norma mira a sistematizzare ed a precisare le responsabilità degli amministratori per la violazione del dovere di gestire la società ai soli fini conservativi al verificarsi di una causa di scioglimento.

In primo luogo (comma 1) viene esplicitamente introdotta anche nella disciplina delle srl (con l’aggiunta del comma 5-bis all’art. 2746 c.c.) l’azione dei creditori sociali finora espressamente prevista solo per le SPA dall’art. 2394 c.c (ma già, di fatto, applicata anche nelle srl in base alla prevalente interpretazione estensiva della norma).

Con queste modifiche, gli amministratori di società sono interessati dalle novità che riguardano le responsabilità di governo, con l’obiettivo di innalzare il grado di responsabilità degli amministratori in caso di mancato rispetto degli obblighi di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.

 

La norma, inoltre, introduce un terzo comma all’art. 2486 del codice civile in tema di quantificazione del danno nell’azione di responsabilità per violazione del dovere di gestire la società ai soli fini conservativi quando si sia verificata una causa di scioglimento. Tant’è che il secondo comma dell’art. 378 CCII recita così:

 

“2. All’articolo 2486 del codice civile dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:

“Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione.

Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.

 

Intanto gli imprenditori che esercitano in forma di società di capitali non potranno più ragionare secondo il vecchio schema:

  • patrimonio netto positivo = continuità aziendale;
  • patrimonio netto negativo = ricapitalizzazione o in alternativa liquidazione.

Con il nuovo CCII l’imprenditore e l’amministratore di società si troverà nella necessità, ogni volta che il rischio della continuità sussiste, a prescindere dall’entità effettiva del capitale sociale (che resta un elemento necessario alla gestione dell’impresa in funzionamento per non assumere responsabilità solidali) di dover scegliere, prima di liquidare l’impresa, di intraprendere un percorso obbligato di risanamento attraverso l’utilizzo appropriato e tempestivo di uno strumento di composizione e superamento della crisi, ovvero il piano attestato di risanamento, un (nuovo) accordo di ristrutturazione dei debiti o un concordato preventivo.

Questo determinerà che nelle azioni di responsabilità il criterio dei netti patrimoniali diventa regola.

Balza subito agli occhi degli addetti ai lavori che – mentre la bozza Rordof aveva previsto che il danno risarcibile in caso di prosecuzione illegittima dell’attività in presenza di una causa di scioglimento era solo quello provocato dai singoli atti compiuti in violazione del dovere di gestione conservativa, consentendo il ricorso al criterio dei “netti patrimoni” nelle sole ipotesi di scritture sociali mancanti o inattendibili – con la nuova versione del decreto, il criterio dei netti patrimoni diventa regola; proponendo a carico dei convenuti la prova di un diverso ammontare del danno.

La norma riguarda tutte le azioni di responsabilità, anche se promosse al di fuori di una procedura concorsuale.

Con l’aggiunta che se è stata aperta una procedura concorsuale – in caso di scritture contabili mancanti o irregolari – il danno può anche essere liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura; contrariamente all’indirizzo giurisprudenziale che si era consolidato fino a qualche mese fa.

Nella relazione Illustrativa, a tale ultimo proposito, si legge che “La norma si fa carico di risolvere, anche in funzione deflattiva, il contrasto giurisprudenziale esistente in materia e l’obiettiva difficoltà di quantificare il danno in tutti i casi, nella pratica molto frequenti, in cui mancano le scritture contabili o le stesse sono state tenute in modo irregolare”.

Che l’ispirazione della norma sia davvero la funzione deflattiva, o magari più un’esigenza punitiva, poco importa.

Certamente gli organi societari (e i loro consulenti) dovranno adeguarsi ed abituarsi in fretta a far emergere tempestivamente la crisi o ad accertare una causa di scioglimento per non trovarsi automaticamente esposti a risarcimenti divenuti quasi oggettivi.

Particolare interesse a mio avviso è rappresentato dalle norme sulla gestione d’impresa per quanto concerne le srl.

Il 4 comma del 377 CCII nel sostituire il comma 1 del 2475 disponendo che la gestione dell’impresa si svolge nel rispetto delle disposizioni del 2086 2 comma c.c. e spetta esclusivamente agli amministratori. Questa nuova disposizione sembra entrare in contrasto con diverse norme dedicate alle srl che non sono state modificate, ovvero:

  • con l’art. 2476 comma 1 c.c., che prevede la possibilità per i soci di decidere sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione;
  • con l’art. 2468 comma 3 c.c., che riconosce la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione ai singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società;
  • con l’art. 2476 comma 7 c.c., il quale prevede una responsabilità solidale dei soci con gli amministratori quando essi abbiamo intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.

 

Qualora la gestione della società spettasse esclusivamente agli amministratori, non vi sarebbe alcuna possibilità né di delegare ai soci specifiche scelte che spettano solo agli amministratori, né, tanto meno, di coinvolgere i soci in una responsabilità solidale con l’organo gestorio.

 

 

 

 

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